Chi sono gli altri?

Oggi nel mio Paese delle Meraviglie fa freddo. 

Non capita spesso, da queste parti, perché qui si sta bene. Però a volte tira un vento ghiacciato e si prova quella strana sensazione di non trovarsi nel posto giusto da nessuna parte. 

Come ogni cosa, nemmeno questa capita per caso. Il disagio ha uno scopo ben preciso. Serve a farci apprezzare la sua assenza, quello stato di benessere che a lungo andare tendiamo a dare per scontato.

Poi succede che, all’improvviso, il sole si fa ombra e i volti si scuriscono.

Oggi, da queste parti, si è diffusa la paura. Si parla di virus, di epidemie e di pandemie, si usano parole grosse di cui la maggior parte di noi non conosce nemmeno il vero significato.
Quello che si sa è che bisogna avere paura. 

E la paura si diffonde, si passa da qui a lì proprio come quel virus che rifuggiamo.

Oggi, da queste parti, facciamo i conti con un nemico invisibile e ignoto che cammina tra le strade sotto casa e che forse non busserà mai alla nostra porta o, se lo farà, potrebbe essere così discreto da non farsi nemmeno notare. 

Ma potrebbe anche essere pericoloso, potrebbe toglierci il sorriso, la salute e addirittura la vita.
E allora si chiudono le porte, si mantengono le distanze perché il nemico potrebbe essere chiunque e dappertutto.
Ci proteggiamo con accessori di ogni sorta, ci cospargiamo di disinfettanti. Teniamo lontani tutto e tutti come meglio si può.

Ci sentiamo prede e vittime di un pericolo che serpeggia tra noi, uniti nella paura e dalla paura allontanati il più possibile.

E proprio mentre facciamo incetta tra gli scaffali del supermercato e scegliamo le prossime serie televisive da fagocitare durante la clausura, qualche chilometro più in là si consuma una tragedia spropositata. 

Famiglie distrutte dalla mancanza di tutto si uniscono per cercare calore e forza, bambini senza più fiato per piangere gridano a una salvezza che non dovrebbero nemmeno sapere cos’è, uomini e donne pieni di fame e paura cercano un posto dove stare senza che qualcuno li debba per forza ammazzare. Loro, che il sorriso e la salute li hanno già persi da un pezzo, cercano un modo per non perdere anche la vita. Che è tutto ciò che gli rimane. E’ la guerra, baby. 

Solo che noi siamo qui.

E loro laggiù. E il loro problema non è il nostro. Noi ne abbiamo già abbastanza, da queste parti.

È solo questa la differenza. 

Noi non li vediamo, non ne parliamo, non li conosciamo. Sono lontani. E la loro paura vale meno della nostra. 

Perché loro non sono noi. Sono gli altri.

Ma dov’è esattamente quel confine che ci distingue tutti quanti?

Dove si trova la linea sottile che separa noi da loro, noi dagli altri?

In questi giorni senza forma si sente parlare di numeri che distinguono regioni e paesi, città, quartieri, giovani e anziani. Ci sono quelli che si ammalano, quelli che stanno bene e quelli che muoiono. 

Noi e gli altri. 

Fino a qualche giorno fa il pericolo era lontano. 

Era in un altro continente, il nemico. 

E allora ieri gli altri erano i cinesi.

Poi d’un tratto siamo diventati noi il pericolo per il resto del mondo. 

Il pericolo l’uno per l’altro. Ma, come cambia il vento, anche il nemico si sposta e domani sarà altrove. 

E via così, a passarci la palla tra giocatori solitari che giocano la stessa partita in un’unica squadra, senza nemmeno rendersene conto. 

Noi e gli altri.

Siamo animali dello stesso branco, ma a turni alterni. Oggi siamo parte del branco che deve stare chiuso in casa per combattere il nemico, mentre poco più in là ce n’è un altro che una casa davvero non ce l’ha, ma in compenso di nemici ne ha dappertutto.

E allora chi si deve prender cura di chi? 

Io una risposta giusta non ce l’ho, ma ho la mia pillola per imparare una lezione anche oggi che sembra tutto così sbagliato.

Mentre la solitudine sembra la sola arma in nostro possesso, io preferisco pensare che oggi siamo meno soli che mai. Ci sentiamo più vicini perché abbiamo un nemico comune da combattere, tutti insieme, facendo ognuno la sua piccola parte. 

Ma abbiamo l’opportunità – e il dovere – di andare più in là di così. 

Oggi che pensiamo di aver capito cosa sia la paura dobbiamo fare un passo in più e comprendere che non esiste solo il nostro nemico.
Sentiamo il bisogno di fare donazioni, gesti piccoli e grandi per gli altri, ma è ora di allargare quel confine e capire che gli altri non sono solo quelli che combattono lo stesso nemico. Sono gli esseri umani. Anzi, gli esseri viventi.

Possiamo accettare che non ci siamo solo noi? Possiamo smetterla di essere solo noi?
Forse se facciamo un piccolo sforzo, possiamo crederci e capire che se siamo in tanti a tenerci per mano qualsiasi nemico sarà più debole di noi, forse qualche nemico cederà il passo e davvero non ci sarà proprio più, schiacciato dalla nostra forza.

Siamo più forti di così. Siamo più grandi di così. E, soprattutto, siamo molto più numerosi di così.